Pierluca Nardoni

STORIA MATERIALE DELL'OMBRA

 “Bisogna che si faccia l’ombra come una pausa vitale, come un solido. Come in poesia la pausa, che è un solido anche se è un vuoto”. Diceva così il grande Arturo Martini a proposito dell’ombra in scultura. Per Martini riuscire a rendere l’ombra un “fatto costruttivo”, un aspetto che concorresse stabilmente alla composizione, era un privilegio assegnato ai pittori. Agli scultori toccava sempre ragionare sulle ombre come proiezioni dipendenti dalle condizioni di luce.

Dopo una fase giovanile di vicinanza alla pittura analitica, la produzione di Bruno De Angelis ha conservato un’attitudine all’esame dei propri mezzi espressivi, immersa però in un’atmosfera di sogno lontanissimo. Se si osservano i lavori degli ultimi anni con un occhio alle loro risonanze profonde, pare sia proprio una singolare ricerca sull’ombra a tenere insieme l’antica propensione all’analisi e la più recente vena narrativa e mitologica.

La questione lasciata aperta da Martini trova in De Angelis una risposta raffinata. Il problema di assegnare un ruolo plastico all’ombra è, in fondo, una riflessione sui mezzi propri dello scultore che De Angelis risolve progettando direttamente le lamiere come figure d’ombra: in Io e lei (2019) e altri lavori simili le ombre non sono solo la traccia mutevole di una luce schermata, ma vengono interpretate dalle sagome stesse. Queste immagini-ombra, i cui profili reinterpretano in molte varianti i sarcofagi etruschi, sembrano riferirsi addirittura a uno dei miti fondativi dell’arte plastica, a quel vasaio greco che modellò un volto di giovinetto a partire dalla silhouette ricalcata sulla sua ombra.

Le lamine di De Angelis, tuttavia, non hanno bisogno di produrre volumi tridimensionali ma si flettono appena, tentando abbracci oppure occupando piani sfalsati quel tanto che basta per raccontare una lontananza. Il gioco di luci e ombre diventa così un labirinto misterioso, tra i riflessi dell’acciaio e l’accenno di spessore creato dalle inclinazioni del materiale, come accade in Avant l’amour (2021) o in Ritratto di coniugi con maschera (2021), in cui il consueto profilo sembra prolungarsi lungo un asse diagonale, incarnando una possibile proiezione della sua stessa ombra.

Figure d’ombra sono anche le ziggurat e le torri babeliche costruite in cartone: il brulichio dei loro intagli cellulari è appena percepibile, affondato nel tono buio della vernice bituminosa che le ricopre. E questo gioco metafisico di oscure sospensioni non sarebbe avvertibile se a dominare queste forme non fosse la diagonale, che inclina le superfici procurando piccole e impossibili fughe prospettiche. Perché, De Angelis lo sa bene, dove regnano gli assi ortogonali c’è il monumento o la statua funeraria, ma è con la diagonale che comincia il racconto.

 

Pierluca Nardoni


(Dal catalogo della mostra personale di Bruno De Angelis:

"LAMIERE" 

Centro Boschi Cermasi - Studio d'Arte FC - Castel San Pietro Terme - BO - marzo/aprile 2025)