Pierluca Nardoni
STORIA MATERIALE DELL'OMBRA
Dopo
una fase giovanile di vicinanza alla pittura analitica, la produzione di Bruno
De Angelis ha conservato un’attitudine all’esame dei propri mezzi espressivi,
immersa però in un’atmosfera di sogno lontanissimo. Se si osservano i lavori
degli ultimi anni con un occhio alle loro risonanze profonde, pare sia proprio
una singolare ricerca sull’ombra a tenere insieme l’antica propensione
all’analisi e la più recente vena narrativa e mitologica.
La
questione lasciata aperta da Martini trova in De Angelis una risposta
raffinata. Il problema di assegnare un ruolo plastico all’ombra è, in fondo,
una riflessione sui mezzi propri dello scultore che De Angelis risolve progettando
direttamente le lamiere come figure d’ombra: in Io e lei (2019) e altri
lavori simili le ombre non sono solo la traccia mutevole di una luce schermata,
ma vengono interpretate dalle sagome stesse. Queste immagini-ombra, i cui
profili reinterpretano in molte varianti i sarcofagi etruschi, sembrano riferirsi
addirittura a uno dei miti fondativi dell’arte plastica, a quel vasaio greco
che modellò un volto di giovinetto a partire dalla silhouette ricalcata sulla
sua ombra.
Le
lamine di De Angelis, tuttavia, non hanno bisogno di produrre volumi
tridimensionali ma si flettono appena, tentando abbracci oppure occupando piani
sfalsati quel tanto che basta per raccontare una lontananza. Il gioco di luci e
ombre diventa così un labirinto misterioso, tra i riflessi dell’acciaio e
l’accenno di spessore creato dalle inclinazioni del materiale, come accade in Avant
l’amour (2021) o in Ritratto di coniugi con maschera (2021), in cui
il consueto profilo sembra prolungarsi lungo un asse diagonale, incarnando una
possibile proiezione della sua stessa ombra.
Figure
d’ombra sono anche le ziggurat e le torri babeliche costruite in cartone: il
brulichio dei loro intagli cellulari è appena percepibile, affondato nel tono
buio della vernice bituminosa che le ricopre. E questo gioco metafisico di
oscure sospensioni non sarebbe avvertibile se a dominare queste forme non fosse
la diagonale, che inclina le superfici procurando piccole e impossibili fughe
prospettiche. Perché, De Angelis lo sa bene, dove regnano gli assi ortogonali
c’è il monumento o la statua funeraria, ma è con la diagonale che comincia il
racconto.
Pierluca Nardoni
(Dal catalogo della mostra personale di Bruno De Angelis:
"LAMIERE"
Centro Boschi Cermasi - Studio d'Arte FC - Castel San Pietro Terme - BO - marzo/aprile 2025)